Oncologi, nuove terapie per i tumori in ritardo anche in Italia

30, maggio 2025 – “Le parole di Bianca Balti, pur se riferite al contesto sanitario degli Stati Uniti, diverso da quello italiano, riguardano anche noi. Hanno acceso un faro su una realtà che noi oncologi denunciamo da tempo: anche in Italia l’accesso alle terapie innovative per i tumori è troppo lento e spesso profondamente diseguale tra le regioni. Sono molti i pazienti che, pur avendo diritto a trattamenti mirati, si vedono negare la possibilità di curarsi a causa di ritardi burocratici e ostacoli amministrativi”. Francesco Cognetti, presidente della Federazione degli Oncologi, Cardiologi ed Ematologi (Foce), commenta così, il post pubblicato da Bianca Balti con cui la modella, in cura per un tumore delle ovaie, accusa la sua assicurazione per la mancanza di terapie salvavita.

A pesare in Italia, denuncia Cognetti, sono ritardi per l’autorizzazione centrale da parte dell’Agenzia italiana del farmaco, ma anche “l’anomalia dei prontuari regionali: di fronte al cancro i cittadini italiani di fatto sono diversi a seconda della regione in cui vivono”. “È urgente – chiede – un intervento istituzionale che acceleri le procedure di approvazione e rimborsabilità, soprattutto per farmaci innovativi e per quelli orfani”. E il problema non riguarda solo i farmaci bensì anche i relativi test genetici, strumenti indispensabili per individuare i pazienti che possono beneficiare delle terapie a bersaglio molecolare. Nel caso del tumore ovarico diagnosticato a Balti, l’identificazione di mutazioni genetiche, come Brca, è fondamentale per decidere se una paziente può essere trattata con un Parp-inibitore oppure no. “La medicina personalizzata – precisa Cognetti – è ormai la realtà della moderna oncologia ma molti test per farmaci già autorizzati in Italia, non sono ancora stati inseriti nei Livelli essenziali di Assistenza (fermi al 2017) mentre la lista è pronta già da due anni. In molte regioni italiane quindi non sono garantiti e in altre più ricche, invece sì, con il rischio che cure potenzialmente salvavita non vengano neppure prese in considerazione per pazienti ne potrebbe beneficiare. Bisogna rendere uniforme in tutto il Paese l’esecuzione di questi test”.

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